SCATTA IL REATO DI "MALTRATTAMENTI", E NON IL PIÙ LIEVE "ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE", PER IL PROFESSORE CHE DAVANTI ALLA CLASSE QUALIFICHI RIPETUTAMENTE COME "DEFICIENTE" UN PROPRIO ALUNNO. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3459 del 27 gennaio 2021, che ha respinto il ricorso di un insegnante sessantenne di una scuola media siciliana confermando il risarcimento del danno per i genitori costituitisi parti civili. L'abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, (art. 571 c.p.) consiste nell'uso non appropriato di metodi, strumenti e, comunque, comportamenti correttivi od educativi, in via ordinaria consentiti dalla disciplina generale e di settore nonché dalla scienza pedagogica, quali, a mero titolo esemplificativo, l'esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l'obbligo di condotte riparatorie, forme di rimprovero non riservate. L'uso di essi deve ritenersi appropriato, quando ricorrano entrambi i seguenti presupposti: 1) la necessità dell'intervento correttivo, in conseguenza dell'inosservanza, da parte dell'alunno, dei doveri di comportamento su di lui gravanti; 2) la proporzione tra tale violazione e l'intervento correttivo adottato, sotto il profilo del bene-interesse del destinatario su cui esso incide e della compressione che ne determina. Il delitto di maltrattamenti ai sensi dell'art. 572, c.p. Si ha quando si attuano condotte caratterizzate da forme di violenza, sia essa fisica che psicologica. Queste condotte non possono essere considerate mezzo di correzione o di disciplina, neanche se posta in essere a scopo educativo. Inoltre, quando dette condotte violente siano perpetrate sistematicamente nei confronti del minore affidato, la condotta non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, bensì, in presenza degli altri presupposti di legge, in quella di maltrattamenti. Nel caso in esame l'imputato in assenza di una finalità correttiva apostrofava sistematicamente la vittima durante le lezioni e comunque dinanzi ai compagni di classe, con epiteti dall'indiscutibile valenza ingiuriosa ("fetente", "deficiente", " coglione", "fituso", che sta per sporco, e "vocca aperta", nel senso di stolto), ma anche umiliante. Risulta evidente come nel caso di specie si sono realizzate le condotte improntate a violenza, la quale, sia essa fisica che psicologica "non costituisce mezzo di correzione o di disciplina, neanche se posta in essere a scopo educativo; e, qualora di essa si faccia uso sistematico, quale ordinario trattamento del minore affidato, la condotta non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, bensì, in presenza degli altri presupposti di legge, in quella di maltrattamenti, ai sensi dell'art. 572, c.p." Agostini Studio Legale Via S. Francesco 30 - Pergola (PU) mob. 328217710 tel. e fax 0721.735088 info@agostinistudiolegale.com